Nel canto XVII dell'« Inferno », Dante narra che un dannato gli rivolse la parola dicendogli:
Colui che parla al Poeta era Reginaldo Serovegni, nobile padovano e strozzino di esecrata fama, tanto da farlo giudicare da Dante degno dell'Inferno e di esso abbiamo pia parlato nell'articolo «Famigiia Serovegni ». Reginaldo parla di un Vitaliano, che era suo vicino di casa a Padova, e che probabilmente era ancor vivo quando Dante scriveva, e che essendo pure emerito strozzino lo Serovegni lo aspettava nell'Inferno vicino a lui ed assieme ad altri usurai fiorentini conosciuti dal Poeta, il quale odiava coloro che rapidamente ai arricchivano. Sono due le opinioni su chi fosse questo Vitaliano; alcuni ritengono che sia Vitaliano Dente Lemizzoni che fu Podestà di Padova. Ma siccome al tempo di Dante viveva in Padova un Vitaliano Vitaliani ignobile strozzino e più probabile che il Poeta indicasse costui, tanto più che i Dente o Lemizzoni furono bensì banchieri, ma avevano smessa la professione fin dai tempi di Ezzelino, cioè cinquant'anni prima che Dante scrivesse la «Divina Commedia».
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